PIATTO DI ENTRATA
Anonimo Veronelli
arteideologia raccolta supplementi
nomade n. 3 dicembre 2009
LE LEGGI DELL'OSPITALITA'
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PISELLI VERDI ALLA MODA DELL'HOLSTEIN

Tovai Martin immerso nella lettura di un volantino allegato all'ultimo numero del «Kolner Dada», dov'è annunciata una serata di poesie e musiche d'avanguardia.
Mi accolse declamando due versi di un poema di Hugo Ball, «io non amavo gli ussari con il teschio/ né i mortai col nome di ragazza...», poi mi sorrise.
Che vuoi Hannah?
Ero scivolata fuori dal laboratorio di colore dove si stavano ripetendo degli esperimenti con quelli a lunghezza d'onda breve, azzurro, indaco, violetto.
Volevo un tè, ero scesa in caffetteria, mi ero servita ed ero andata a berlo al suo tavolo.
Mi ha detto Hans che hai conosciuto Tristan Tzara, gli risposi.
Che tipo è?
Si mise a ridere.
Io non ho conosciuto Tzara, ma il signor Samy Rosenstock.
L'ho conosciuto a Berna, in occasione di una visita medica all'ospedale Insel, entrambi stavamo cercando di farci esonerare dal servizio militare.
Era stata istituita una commissione mista, formata da due medici svizzeri, due rumeni, uno tedesco e uno francese.
Lui aveva in tasca una diagnosi di dementia praecox, che gli aveva rilasciato uno psichiatra di Zurigo amico di Sabina Spielrein, una psicanalista russa che aveva conosciuto a Losanna. Io, un certificato che attestava una grave depressione traumatica dovuta allo choc per lo scoppio ravvicinato di un ordigno.
Era piccolo di statura, portava un pince-nez di corno, aveva una fronte spaziosa, delle mani minuscole, ben curate, sempre in movimento. In quella occasione eravamo entrambi vestiti in modo sciatto e disordinato, secondo la parte che dovevamo recitare. Lui era preparatissimo.
Mi consigliò di non parlare che per esclamativi e mormorii incomprensibili, poi m'insegno a sbavare come aveva visto fare ai pazienti del Burghölzli, in pratica, a far gocciolare da un lato della bocca un filo di saliva e lasciarlo cadere con noncuranza sulla cravatta.
Cercò anche d'insegnarmi ad esprimere quello che chiamava lo stupore catatonico, ma non ci riuscì.
Lo rividi il giorno dopo le nostre visite al tribunale medico, ce l'avevamo fatta, eravamo stati riformati e per festeggiare cominciammo a girare una birreria dietro l'altra.
Ci sentivamo emozionati e felici.
Non so più quante volte lo costrinsi a ripetermi la scena, mimandola, di uno dei medici della commissione che, dopo aver sfogliato alcune sue poesie allegate alla cartella clinica, sentenziò che era un caso grave e irreversibile di istupidimento.
Ci salutammo alle tre del mattino, come fratelli, dopo aver passeggiato a lungo sulla Bahnhofstrasse.
In seguito ci scrivemmo per un po', ed è tutto.
Restammo qualche minuto in silenzio ad ascoltare la pioggia, poi Martin riprese a parlare.
Aveva legato la sua fama al Cabaret Voltaire e all'assassinio della sintassi, che doveva essere annientata perchè di origine borghese.
A quel tempo divoravo i libri di storia ed avevo seguito un corso su quegli eventi che, in seguito, furono chiamati la guerra dei gladiatori. Quella in cui Spartaco moriva combattendo contro Roma.
Lui ambiva a diventare il fondatore di una nuova poetica, ancora più importante di quella di Marinetti, e non esitava a confessarlo, io a battermi fino alla morte in una rivoluzione degli sfruttati contro i nazionalismi e i padroni.
Mi guardò negli occhi.
Forse il fuoco che alimentava le nostre passioni era lo stesso, ma non i sogni, Hannah, non i sogni.
Finii di bere il mio te, lui il suo sciroppo di lamponi con Kirsch, e ritornai in laboratorio.

Stasera avevo il primo turno in cucina.
Mia nonna sostiene che è una ricetta dei marinai svedesi, che chiamano questo piatto Stuvate groensaker med raekor.
Ma guai a dirlo ad uno della Pomerania o dell'Holstein, aggiungeva, ridendo.
Fate cuocere, per una quindicina di minuti, 600 grammi di pisellini verdi sgusciati al momento, in abbondante acqua salata e bollente.

Contemporaneamente, scottate per dieci minuti, in acqua calda 300 grammi di gamberi puliti e lavati.

Riunite in una casseruola i pisellini con i gamberi,
aggiungete una tazza di salsa besciamella profumata con un pizzico di noce moscata,
un bicchiere di vino bianco secco,
un rametto di timo,
un pizzico di pepe macinato al momento,
una noce di burro e sale quanta basta.

Amalgamate il tutto per qualche minuto a fuoco dolce,
poi rovesciate i pisellini con i gamberi in una legumiera.

Riducete di un terzo il fondo di cottura,
aggiungeteci la punta di un coltello di burro e un pugnetto di prezzemolo,
aneto,
cerfoglio
e un po' di verde di una cipolla tritati fini,
cospargetelo sui pisellini e i gamberi
e servite subito.

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Da “La cuoca rossa, storia di una cellula spartachista al Bauhaus di Weimar (con un ricettario di cucina tedesca)", di Anonimo, prefazione di Luigi Veronelli, ed. Derive e Approdi srl, Roma settembre 2003. In alto, un fotogramma dal film di Guy Debord del 1959 "Sur le passage de quelques personnes à travers une assez courte unitè de temps."